30 ottobre 2006

le rimesse degli immigrati

La Banca Mondiale calcola che nel 2005 l’ammontare dei trasferimenti e delle rimesse degli emigranti verso i paesi di origine siano stati oltre 167 miliardi di dollari.

Sono risorse private e come tali nessuno autorizzate a deviare altrove tali risorse se non con il consenso dei titolari.

Dall’Italia nel 2004 la stima indica in 2 miliardi di euro la cifra trasferita ai luoghi d’origine. Queste le cifre ufficiali. Se si considerano le risorse passate per altri canali la cifra potrebbe essere doppia.

L’impiego di queste risorse come strumento per lo sviluppo delle economie interessate è ormai terreno di studio e di proposte.

“Il Piano d’Azione del Ministero dell’Economia e delle Finanze stabilisce che l’Italia è disposta a fare da apripista per promuovere e consolidare l’uso delle rimesse quale strumento per la crescita economica e lo sviluppo dei paesi di origine degli immigrati”.

Quest’affermazione ha aperto l’interessante convegno di Milano, promosso dall’Istituto Italo Latino Americano(IILA), la Regione Lombardia e la Camera di Commercio, con il sostegno della Carialo.

Le proposte emerse nel convegno e le testimonianze di vari esperti italiani e latino americani, e la presenza del rappresentante del Ministero degli Esteri, si soffermate sulla necessità di lanciare varie iniziative, la più interessante delle quali, consiste nella creazione su base volontaria di un “Fondo-Paese” denominato 3X1, in cui per ogni euro versato dall’immigrato, l’istituzione pubblica o privata italiana e lo stato di provenienza versino un euro ciascuno per alimentare un Fondo destinato a finanziare progetti produttivi o infrastrutturali nei paesi di origine.

Un istituto bancario gestisce il fondo rotativo e ne assume la responsabilità.

Dibattito interessante e testimonianze delle comunità latino americane presenti in Italia

Presenti Donato Di Santo, sottosegretario per l’America Latina del Ministero degli Esteri, Alain Economides, DG per la Coop. allo Sviluppo del ministero, e vari esperti italiani e latino americani di Messico, Perù, del BID, di Washington.

Il tema non è mai stato sufficientemente considerato dalle ong e ciò rappresenta un serio limite alla comprensione a quanto avviene sul terreno dell’innovazione dell’approccio ai nuovi termini del sottosviluppo.

Sarebbe utile un attento e riflessivo esame da parte degli operatori di RETE e della Federazione delle ONG.

Alberto Tridente
24.10.06

26 ottobre 2006

Bolivia a Torino

A tutti ci spiace dell'assenza degli scorsi giorni (troppo lavoro!)
Ricominciamo invitando tutti a venirci a trovare martedì pomeriggio prossimo, 31 ottobre, quando ospiteremo Sonia Aviles dalla Bolivia.

14 ottobre 2006

Voyage sur Italie

Arrivée, en Italie (Turin) le dimanche soir à l’aéroport de Turin, sur invitation de Slow food et ReTe ONG, accueillit ce jour à l’aéroport par les parents de Mlle Katia Médeot pour embarquement à leur résidence. L’accueil chaleureux non imaginable. De ce jour à aujourd’hui, je ne fais pas de différence si je suis chez moi à l’étranger, c’est ce style de domiciliation qu’on appelle le diatiguiya. La famille Medéot n’a managé jusqu’ici aucun effort pour me rendre ce voyage le plus bel évènement de mon existence tant à l’hébergement qu’à la restauration. Mlle Katia Medéot représentante de RETE au Mali, m’a plutôt considéré comme un frère, sa générosité, sa capacité intellectuelle n’ont jamais fait défaut non seulement la découverte de l’histoire de l’Italie par les visites de différents monuments, la résidence royale et beaucoup d’autres sites modernes mais aussi et surtout la négociation des rencontres avec des partenaires pour des échanges.
Il me manque de mots pour qualifier en ce moment si, les impressions fort appréciables de mon séjour. Je ne peut souhaiter que bonne heure prospérité à cette famille, à présent je compte sur elle.
Mamadou Guindo

06 ottobre 2006

sul progetto Laboratori di Leon

Questa cartella descrive brevemente la missione di tonino languzzi a Leon di Nicaragua nel periodo Agosto settembre 2006.

Come si ricordera’ la II annualità prevede l’acquisizione delle apparecchiature elettromedicali che ancora mancano alle strutture di laboratorio dell’ospedale Heodra e dei centri di salute inseriti nel progetto. La prima parte della missione e stata tutta dedicata al coordinamento dell’acquisizione degli apparati. Vi erano diverse controversie sul tipo la marca e le potenzialità di alcuni elettromedicali. Questa diversità di opinione si è appianata in una serie di riunioni con le responsabili delle sezioni e dei centri di salute. Si è poi tenuta una riunione direttamente con la ministra Dott.sa Margarita Gurdian e vari responsabili del MINSA central; Doc Gonzales, Palacio, etc. il tema che maggiormente preoccupava (e in qualche misura ancora preoccupa tonino) sono i fondi per l’acquisto dei reattivi fuori della cosiddetta lista basica, quelli cioe’ non forniti direttamente dall’organo centrale.In questa stessa sede le risorse economiche necessarie sono state inserite nel bilancio del prossimo anno. In questa riunione è stato fatto altresì presente che occorreva mettere in funzione l apparecchio per gli elettroliti e l’emogasanlyser per completare lo spettro delle potenzialità della struttura e presenti in ogni laboratorio degno di questo nome.

Solo una settimana dopo, disgraziatamente la nemesi storica(neanche l’avessimo previsto) ha fatto la sua comparsa sull’orizzonte di leon: vi è stata una terribile crisi da intossicazione da metanolo con oltre 60 morti e 950 intossicati. L ‘HEODRA era diventato un caos e tutti coloro che potevano dare un apporto concreto (in primis il laboratorio) sono stati chiamati a farlo. Si è lavorato di giorno e di notte con le autorità del ministero lì presenti che seguivano e coordinavano le operazioni.

Sembrava di essere tornati ai tempi della guerra. E’ l’unica volta , dalla fine della guerra che il personale dell’HODRA ha reagito come un solo uomo.

I risultati della mobilitazione sono stati concretamente evidenti e per una volta perfino quantizzabili sulla base di un analogo episodio occorso in Salvador dove la percentuale dei morti è stata del 63% degli intossicati, mentre a Leon è risultato essere del 5-6%. Le autorità hanno voluto ringraziare pubblicamente il personale impegnato in un atto pubblico alla presenza del presidente della repubblica e della ministro. Per quanto riguarda RETE ricevera’ una pergamena di “agradecimiento “ per il progetto e una relazione sul ruolo del laboratorio (e quindi del progetto) verra’ inviata all’ ambasciata italiana di Managua.

E’ stato ripreso il contatto con Mauro Gasbarra e Fupade(Ong locale) che hanno chiesto di abbandonare la proposta di un progettodi formazione in campo agricolo e di dar un’izio a una collaborazione che veda al finale la presentazione di un progetto sanitario sul tipo di quello gìa’ in atto sui centri di Salute del dipartimento di Leon, spostato pero’ sulla costa Atlantica.

E’ stato fatto presente che su questo campo RETE si è già impegnata con Movimondo e bisognerà vedere cosa ne pensa quest’ultimo organismo.

L’ultima parte della missione è stata dedicata alla creazione di un canale commerciale con gli USA per una importazione diretta di quanto occorre comprare. Da tempo si è constatato che i prezzi dei prodotto sanitari a Managua sono 4-5 volte quello che si praticana all’estero, Italia compresa, pertanto, fin dove è possibile l’acquisizione seguirà questa via.

Le ultime passeggiate di tonino attorno alla cattedrale e nel parque central (diventati zona pedonale) lo hanno trasformato in animista: era convinto che a una certa ora della sera gli alberi e i lampioni gli parlassero e ora che non c’è lo stiano cercando.

05 ottobre 2006

incontro delle Ong in Guatemala con Donato di Santo, segretario di stato

Guatemala, 1 ottobre 2006

Le ragioni della visita riguardano soprattutto il tentativo, dopo anni di abbandono, di avere una politica estera italiana impegnata sulle tematiche dell’America Latina, che per anni e’ stata una regione trascurata dal nostro Paese.
Lo sforzo in generale va verso la creazione di nuovi spazi di dialogo e comunicazione tra realta’ che operano o vogliono operare nelle stesse zone, con l’obiettivo di coordinare in vista di obiettivi comuni. Questa e’ la ragione per cui e’ stata sollecitata, come primo momento formale del suo viaggio, una riunione con le ONG operanti in Guatemala, per ascoltare cosa abbiamo da dire, noi che lavoriamo sul terreno da anni, rispetto alle problematiche politiche generali che vorremmo che il governo italiano prendesse in considerazione nell’affacciarsi in questo momento ai Paesi centroamericani, in questo caso particolarmente al Guatemala.
Uno degli interessi del governo italiano nell’area centro americana e’ la riattivazione dei dialoghi regionali verso i processi di integrazione centro e latino americana.
Poi e’ stata la volta della parola alle ONG; i temi emersi sono stati il problema dei diritti umani, della riforma agraria e del patto fiscale, la sicurezza alimentare, l’influenza delle tre grandi cooperazioni internazionali nel Paese (USA, EU, Giappone), i rapporti tra la cooperazione europea e quella italiana; è stato sollevato il tema delle imprese italiane in Guatemala, la loro responsabilita sociale e la questione dell’accordo di associazione tra UE e Centro America tuttora in fase di negoziazione. Insomma si e’ parlato poco di cooperazione tecnica e tanto di panorami e problematiche politiche.
I rappresentanti della Regione Piemonte, Magnaghi, e dell'UTL hanno parlato del processo di Xela (in modo positivo) esortando il MAE a cambiare le procedure di finanziamento dei promossi per evitare ritardi e iter di lunghi anni di cui Xela e’ un esempio. S
i tratta di un progetto pilota che mette insieme per la prima volta diverse realta e varrebbe la pena studiarlo e riprodurlo in altre circostanze.
Tutti si sono espressi in modo molto positivo rispetto a questo incontro, visto che e’ la prima volta che succede che le ONG italiane vengono interpellate su questioni di politica generale e vengono dedicate loro ben 4 ore durante una missione di due o tre giorni per Paese!

Elena Gaia CISV Guatemala (estratto)

04 ottobre 2006

COMUNICATO STAMPA finanziaria 2007: le proposte al governo dell'associazione ong italiane

Roma, 2 ottobre 2006. L’Associazione ONG italiane torna a chiedere al Governo e al Parlamento chiarimenti sulla Finanziaria 2007 in merito ai fondi stanziati per la cooperazione internazionale.

I temi e le richieste avanzate durante la tavola rotonda sono confluiti in un documento di proposta al Governo che analizza la situazione della cooperazione italiana e chiede una serie di provvedimenti per far fronte alla crisi in cui versa attualmente.

Sergio Marelli, presidente dell’Associazione ONG italiane: “Per il 2007 chiediamo almeno lo 0.33% del PIL per gli Aiuti pubblici allo Sviluppo, un segnale minimo che dimostri un inversione di rotta rispetto al passato e di coerenza con il programma di Governo. I dati OCSE ci dicono che nel 2005 l’Italia ha speso lo 0.29% per la cooperazione internazionale. Ma sappiamo bene che in realtà è solo lo 0.15%! Togliendo tutte le voci computate come cooperazione internazionale ma che nulla hanno a che vedere con la cooperazione allo sviluppo (gli esempi clamorosi dello stanziamento per l’Iraq, la questione degli aiuti legati e degli aiuti fantasma).

Erano stati chiesti 300 milioni per il 2006, di cui 150 per il debito italiano del 2005 e 2006 verso il Fondo Globale per la lotta all’Aids, ad oggi non ci sono e non possiamo più continuare solo con fondi privati per una mancanza dello Stato. Le nostre ong stanno richiamando cooperanti, chiudendo o sospendendo progetti approvati dal Ministero degli Esteri, questo non può avvenire per coerenza e rispetto per i partner e le popolazioni con cui lavoriamo, con cui abbiamo un rapporto di fiducia.

La nostra richiesta ora è di 1 miliardo di euro per il fondo a “dono”, per le vere risorse della cooperazione internazionale. E di cui 100 milioni siano destinati alle ong, e lo chiediamo perché siamo coscienti di quale è la realtà.

Seguiamo l’esempio dell’Unione Europea: dei 7 miliardi che mette a disposizione, 700 milioni sono veicolati dalle ong”.

Quest’anno a malapena arriveremo allo 0.15% per l’APS italiano - ha risposto l’On. Cento – per rimediare a questo ritardo dobbiamo prevedere un percorso verso lo 0.33% a tappe forzate, una Road Map per raggiungere l’obiettivo richiesto dalla UE; perché questo rappresenta l’unica possibilità di avere credibilità a livello internazionale, e di possibilità di dialogo con gli altri Paesi Europei.

C’è oggi un mio impegno formale per l’apertura di un tavolo di concertazione tra Ministero dell’Economia, quello degli Esteri e il mondo delle ong, capace di definire un’agenda di intervento per risolvere i problemi burocratici e finanziari, teso ad elaborare un rapporto di collaborazione anche sui temi multilaterali.

Ma per capire la qualità di questo 0.15% bisognerà aspettare la discussione in aula della finanziaria, spero ci sia un’azione comune anche a livello parlamentare per un’ indicazione positiva, soprattutto sullo stanziamento per il Fondo Globale”.

La DGCS ha bisogno di obiettivi chiari, - ha concluso il Direttore Generale Economides - a cui segue la ripartizione delle risorse che si collegano strettamente ai primi ma poi queste devono essere assicurate, senza tagli in corso d’anno, c’è un problema d’immagine se poi ci sono motivi di bilancio di finanza pubblica che fanno deviare le risorse noi veniamo meno ai nostri impegni a livello internazionale.

Per la promozione culturale della cooperazione ci deve essere un primato della politica, la DGCS deve seguire indicazioni dirette dal mondo politico su cosa fare, non può inventare nuove iniziative di promozione, né prendere provvedimenti singoli”.

02 ottobre 2006

Stralci dall'assemblea aperta di Rete

"La situazione non è ottimistica. È cambiato il governo ma non le ambiguità complessive; c’è un’emergenza continua. Tutti dicono che il terrorismo si supera con lo sviluppo economico, ma quale? Ci sono poche Ong che continuano a battersi per questo, con sempre meno fondi. Le guerre continuano a succhiare fondi alla cooperazione, vedi il caso del Libano più recente. I tagli sono ufficiali e ufficiosi, conle strategie di rimandare all’infinito i pagamenti. L’unica cooperazione che avanza è quella delle emergenze militari e naturali, noi pretendiamo di agire in un altro campo. Crediamo che la linea politica sia quella di creare rapporti privilegiati nei paesi del Sud del mondo e sul nostro territorio. Questo secondo punto direi che sia fondamentale per il lavoro dei prossimi mesi.Gli enti locali non dovrebbero farsi carico solo di aiuti di emergenza, ma di scambi attraverso le loro piccole e medie imprese, e il commercio equo. Noi possiamo essere in questo senso portatori di conoscenze."

"Sono rimasto sorpreso dall’evocazione del ruolo di un’ong nello scambio commerciale, che ritengo differente dalla cooperazione. Noi siamo un’agenzia no profit che si occupa di agire contro la povertà, anche se poi scambio umano e culturale c’è sempre. Siamo ancora un’ong di sinistra? E questo cosa vuol dire? Io mi ritengo ancora un anticapitalista, per la drammatica inversione di valori che il capitalismo propone. Lavoriamo spesso in società precapitalistiche e la nostra solidarietà dovrebbe basarsi sulla verifica delle possibilità alternative. Ci sono tesi differenti in merito, per esempio la scuola della dipendenza insiste sul valore del concetto “trade not aid”, cosa che io non credo, pur con tanti dubbi sull’aiuto come arma a doppio taglio. Con i nostri pochi mezzi possiamo fare molte cose cercando di non “dare assuefazione”.
Nella zona ovest esistono realtà interessanti, si può parlare di responsabilità sociale d’impresa. La controprova delle possibilità di questi tipo viene per esempio dai farmacisti di Torino, che hanno proposto di intervenire nel Sud del mondo per la produzione di farmaci generici in loco."

"Puntualizzo solo che, parlando di commercio, mi riferisco al commercio equo, diretto, alternativo alle multinazionali, come risoluzione di progetti di formazione tecnica e sostegno imprenditoriale che facciamo."

"Teniamo presente che i nostri paesi accanto alla cooperazione praticano un dumping che affossa le economie degli stessi paesi che vengono aiutati. Penso che sia importante premere anche su questo tema.
Date le difficoltà economiche degli enti locali, penso anche che dovremmo spingerli ad agire da trait d’union con i cittadini e soprattutto con le aziende.
MAE e UE stanziano cifre elevate di cui solo una piccola parte va alle Ong e molto al profit per la cooperazione, un approccio molto rischioso e su cui dovremmo ragionare e discutere."

"Penso che non abbiamo per forza tutti la stessa concezione di sviluppo, economico in particolare, che sia necessario studio e confronto su questi concetti, criticando anche lo sviluppo come imperativo, e ricordando l’importanza dello sviluppo sociale e del capitale sociale oltre che economico.
Inoltre penso che sia importante, più che al commercio internazionale, fare riferimento soprattutto ai mercati locali nelle nostre azioni, alla filiera corta, proprio per principio.
Infine vorrei proporre un’idea: avviare qui dei tavoli di lavoro, periodici, tra noi e per esempio le organizzazioni che si occupano di agricoltura biologica e altre forme di alternative rurali; di commercio equo; con le nostre cooperative, e non solo
."

"Recentemente, avendo progetti che seguono intere filiere, diamo importanza al settore del commercio. Ma chiediamo cos’è il commercio equo, quando anche la Splendid ha i suoi prodotti equi e solidali? Questo è positivo e negativo insieme.

"In Emilia Romagna si è creato, come diceva Daniela, un tavolo mensile tra ong e altri organismi ambientalisti e agricoli, che scambiano e creano sinergie. Penso che questo sia possibile anche in Piemonte. Sarebbe bene che la tutela ambientale si un punto di valorizzazione dei prodotti del Sud del mondo, che ne hanno le premesse e possono anche dare dell’utile alle famiglie.
Bisogna essere presenti comunque come gruppi motivati anche nei settori in cui stanno entrando le organizzazioni più bieche, comunque ne viene del bene.
Secondo me il prossimo passo nei paesi in via di sviluppo sarebbe quello di formare del personale, rigorosamente, per avere dei tecnici in grado di fare controlli sul posto, con minori costi e maggiore autonomia.
Nel commercio equo sono soprattutto l’importatore e il distributore a non essere limitati né come ricarico dei costi né come altre regole."

"Sono usciti a mio parere spunti interessanti. Quello di chiedere agli enti locali di farci da intermediari. Ricordiamoci che parlando di responsabilità sociale, noi non siamo di fronte a imprese più responsabili, ma più irresponsabili, che si limitano a darsi del belletto, dato che la responsabilità dovrebbe partire dall’interno, dai rapporto coi lavoratori.
È anche stimolante l’idea di lavorare con il movimento, per quanto poco appariscente, dell’economia solidale e sociale, in cui dovrebbero entrare anche le cooperative, a cui nessuno ha il coraggio di fare il processo.
Sono d’accordo anche che sia il mercato locale quello più importante. In Venezuela succedono cose interessanti, come i Nuclei di sviluppo endogeno.
Sull’agricoltura e il commercio agricolo ho invece i miei dubbi: non dovremmo mangiarci i nostri prodotti locali?"

"Vorrei dire due parole sull’agricoltura; per il mio ragionamento, il fatto che abbiamo cominciato a lavorare in ambito rurale ha un significato. Penso che i problemi delle periferie urbane dove operiamo nel Sud del mondo siano in gran parte originati dalla grande fuga di massa dalle campagna, dove il fatto che i prodotti non valgono quasi nulla sul mercato mondiale e molti altri fattori, qualsiasi piccola crisi mette le famiglie in condizione di non poter sopravvivere e rivolgersi alle città. Quindi abbiamo voluto rivolgerci alla radice dei problemi. Però insisto sul fatto che sia importante il commercio principalmente verso i mercati locali."

"Se un gruppo o un singolo paese chiede di abbassare le tariffe protettive europee o bloccare i suoi sussidi, io mi devo misurare con queste richieste del blocco emergente, che cerca di creare una volontà collettiva di confronto.
Allora chiediamo alla sinistra italiana qual è il suo comportamento in delegazione europea. Sono i grandi numeri che cambiano gli indici, non le piccole realtà che salvano l’anima dei cattolici e poi dei laici.
Il coinvolgimento delle realtà locali non è spesso una questione solo di soldi, ma di utilizzo delle risorse esistenti, di scambio. Dobbiamo percorrere le strade degli enti locali, delle aziende municipalizzate, sulle loro competenze."

"Io vorrei proporre un tentativo di rapporto tra le organizzazioni di ong e la COOP, accordi non artigianali, sulle canalizzazioni, i prodotti equi. Negli enti locali chiediamo incontri diretti, e diamo seguito con altri incontri. La controparte va trattata come tale, non bisogna mollare la presa. E scrivere note su cui non è possibile equivocare."

"Le strategie devono entrare tanto di più a livello territoriale quanto più non si riescono a toccare le autorità verticali: il centro si aggira passando per le periferie. Recuperiamo per esempio gli interessi sull’area mediterranea, chiedendo dov’è finita la politica verso queste zone, nell’interesse anche di tanti altri enti piemontesi. Da approfondire con le ong e gli altri enti interessati, e da far valere anche per il Mercosur, appoggiamolo, raccogliamo le componenti delle economie locali e delle nostre.
La competizione si può superare secondo me proponendo dei tavoli comuni non su progetti ma su temi, per esempio sulla distribuzione dell’equo e solidale, dai temi possiamo risalire ai paesi e ai temi che questi sollevano
."

"Sono d’accordo su tante cose dette, ho sentito un po’ poco però riflessioni su come Rete intende sviluppare la sua progettualità. Una serie di problemi dipendono da che scelte facciamo. Non è indifferente scegliere che tipo di agricoltura sostenibile appoggiare. Per esempio per me ha senso fare dei microinterventi limitati, ma che siano un modello da cui incidere; sostenere le basi, e decidere quali modelli seguire: autosussistenza, biologico.
Io non credo che dobbiamo avere solo un ruolo di cinghia, di trait d’union, ma di compartecipazione perché ha delle cose da dire."

Fund Raising

Ieri ho reincontrato un vecchio amico che sinora si è occupato del banco alimentare, interessandosi particolarmente di fund raising, settore nel quale è molto introdotto.
E' piuttosto deluso per motivi che non sto a dire, vorrebbe svolgere la stessa attività in qualche altra organizzazione.
Per ora mi sono impegnato a fargli avere tutte le informazioni su RETE compreso il sito, descrivendogli per sommi capi l'ambiente in cui dovrebbe operare.
Attendo una sua risposta che se fosse positiva potrebbe essere per noi molto interessante.
Giorgio