21 settembre 2006

La palma africana invade il Nicaragua

In programma una forte espansione della coltivazione della palma da olio per incoraggiare la produzione di biodiesel
Il governo del Nicaragua, attratto dal miraggio che la produzione di biodiesel possa contribuire a migliorare le precarie condizioni socio-economiche in cui versa il paese centroamericano, ha in programma una forte espansione della coltivazioni di palma da olio, meglio conosciuta come palma africana. Si tratta di un piano di investimento agroindustriale che interesserà principalmente la Regione autonoma dell'Atlantico del Sud (Raas) che, come la Regione autonoma dell'Atlantico del Nord (Raan), deve il suo statuto di autonomia a un accordo tra le popolazioni indigene dell'area e l'ormai quasi dimenticata Rivoluzione sandinista degli anni '80.

Autonomia che i governi succeduti ai sandinisti stanno rimettendo in discussione per favorire interessi economici di imprese nazionali e straniere. Con un'estensione di 27.546 chilometri quadrati, la Raas - il cui centro amministrativo è a Blufields, piccolo porto della costa atlantica nicaraguense - rappresenta il 21,1% del territorio nazionale dove, secondo l'ultimo censimento del 2000, vivono 272.252 tra indios Ramas e creoli che, oltre alle loro antiche lingue, parlano lo spagnolo e l'inglese ereditati dalle occupazioni coloniali.

La coltivazione di palma africana non è una novità in Nicaragua, oltre 10 mila ettari di foresta a Kukra Hill e El Castillo erano già stati rasi al suolo per far spazio alla nuova coltivazione, ma ormai quella piantagione è invecchiata e produce poco. Così il governo del presidente Enrique José Bolaño ha contattato autorità malesi per concordare una donazione di semi migliorati di palma da olio che verranno seminati in diverse località della regione atlantica meridionale - Nuova Guinea, Blufields, Rio San Juan, Rama, San Carlos - per un totale di 7200 ettari di terra, che sarà confiscata a contadini e indigeni che la coltivano per la propria sussistenza.

Molto interessate alla produzione di biodiesel in Nicaragua sono anche imprese di Taiwan, Giappone e la Corporaciòn Dinant dall'Honduras, paese dell'istmo centroamericano che già coltiva 80 mila ettari di palma africana e conta di arrivare a 200 mila ettari. I futuri signori del biodiesel si sono di recente incontrati a Managua in una riunione organizzata dall'Iica (Istituto internazionale di cooperazione per l'agricoltura), il cui rappresentante in Nicaragua, Gerardo Escudiero, ha dichiarato che la multinazionale agroindustriale statunitense Cargill sarebbe disposta a comprare buona parte della produzione di biodiesel - e dal ministro per l'agricoltura e foreste Mario Salvo - convinto che il Nicaragua possa potenzialmente arrivare a coltivare 2 milioni di ettari di palma da olio e collocarsi tra il secondo e il quinto posto nella classifica mondiale dei produttori di biodiesel.

L'evento ha avuto grande rilevanza sulla stampa locale ma ha anche messo in allarme gli abitanti dei municipi della Raas. Nel giro di pochi giorni, la Coalizione per la conservazione della biosfera del sudest nicaraguese (Cocibio), si è riunita nei municipi le cui risorse naturali rischiano di essere danneggiate dalla monocoltivazione di palma africana. Denunciano l'intenzione del presidente Bolaño di promuovere, mediante decreto e in violazione dello Statuto di autonomia, la coltivazione estensiva di palma africana nella regione del sud e nordest del Nicaragua senza considerare l'impatto negativo sulla biodiversità ambientale dell'area. Proprio come è già avvenuto a Kukra Hill: dopo la coltivazione con palma da olio su 10 mila ettari di terreno è scomparsa qualsiasi altra forma di vegetazione, i latifondisti si sono arricchiti mentre le acque dei principali fiumi della zona sono stati contaminati dai pesticidi, e la diversità biologica ittica irrimediabilmente compromessa.

La zona interessata dal progetto si trova nella Riserva della biosfera del Rio San Juan, all'interno della quale sono comprese sei aree protette riconosciute dall'Unesco come patrimonio dell'umanità. Si tratta di una zona ad alta piovosità e la monocoltura di palma potrebbe provocare erosione e perdita di fertilità del terreno; inoltre i sistemi di produzione agricola su vasta scala necessitano di utilizzo massiccio di prodotti agrochimici che a causa dell'alta piovosità raggiungono le falde acquifere contaminandole. Il Cocibio non ha alcuna intenzione di accettare deroghe allo Statuto di autonomia della Raas in nome di un progetto presentato dal governo centrale come una «opportunità per la nazione». Se verrà tolta loro la terra, contadini e indigeni sono pronti a resistere: contro la violazione dei diritti degli abitanti delle comunità rurali e la perdita di coltivazioni tradizionali già esistenti nella zona che garantiscono la loro sovranità alimentare.
Il Manifesto, 20 settembre 2006
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